Certificato di proprietà digitale: il TAR del Lazio dà ragione all’UNASCA.
Nato allo scopo di dematerializzare l’amministrazione, sostituendo la carta a vantaggio del formato elettronico, il CPC (Certificato di Proprietà Digitale) è ormai operativo dal 5 Ottobre del 2015.
Negli ultimi giorni, tuttavia, le polemiche che ne avevano accompagnato l’istituzione si sono fatte ancora più accese, culminando in occasione della recente sentenza del TAR del Lazio che, dando ragione all’UNASCA (Unione Nazionale Autoscuole Studi di Consulenza Automobilistica), ha stabilito l’obbligo per l’ACI di fornire su richiesta anche la versione cartacea del certificato.
Le polemiche erano nate proprio su questo punto controverso: da una parte l’ACI, che avvalendosi delle nuove disposizioni di legge, affermava essere sufficiente il rilascio dell’attestazione di avvenuta formalità, opponendosi a quello del certificato di proprietà vero e proprio, dall’altra l’UNASCA, per la quale l’interpretazione di legge proposta dall’ACI risultava essere assolutamente deficitaria.
In effetti il TAR del Lazio ha stabilito che “l’articolo 43 del Codice dell’amministrazione digitale prescrive l’esatto contrario (rispetto a quanto asserito dall’ACI) e cioè che i documenti informatici possono essere archiviati anche con modalità cartacee”. Pertanto l’interpretazione del TAR è stata quella di un favor legis nei confronti dell’utente, al quale non solo non può essere limitata la scelta ma viene anche messa a disposizione la doppia opzione: sia la comoda versione elettronica, che lo mette al riparo da eventuali smarrimenti, sia la versione cartacea che gli consente di disporre materialmente di idonea documentazione.
Viene confermato dunque il diritto dell’utente all’ottenimento di una versione cartacea del certificato di proprietà del mezzo.